1 lato positivo ma non troppo
Mascherine, coprifuoco, distanziamento, lockdown, zone rosse: il mondo che pensavamo di conoscere ci sta mettendo a dura prova da un bel po’ di mesi e continua a farlo, ecco perché credo sia fondamentale riuscire, o almeno provare, a mantenere una certa positività lucida e razionale, che non si nutra solo di belle speranze ma di riflessioni (ri-flessioni, flessibili, flessibilità). Lungi da me approfondire questo discorso, è troppo complesso e personale per essere affrontato qui ma vorrei condividere con voi il ricordo di un film dal titolo emblematico che mi ha da sempre colpito per il suo modo molto spontaneo di far passare concetti importanti.
Nel 2008 Matthew Quick pubblicava L’orlo argenteo delle nuvole, e quattro anni dopo usciva nelle sale il suo adattamento cinematografico Il lato positivo (ben più riuscito a mio parere) con Robert De Niro, Bradley Cooper e Jennifer Lawrence che vinse l’Oscar 2013 per la migliore attrice protagonista.
I personaggi principali di questa storia sono Pat e Tiffany, due giovani adulti (non nel senso di young adult ma di persone di un’età compresa tra i trenta e i quaranta anni circa) con problemi psicologici che fanno fatica a vivere la loro quotidianità.
Pat è appena uscito da un istituto di riabilitazione psichiatrica in quanto, come suo padre, fa fatica a controllare l’aggressività, è ossessivo-compulsivo e, in più, soffre di un disturbo bipolare. Il motivo che ha scatenato la crisi definitiva è stato il tradimento della moglie Nikki che ha portato Pat a riversare tutta la sua rabbia sull’amante di quest’ultima.
Dall’altro lato c’è Tiffany, vedova di un poliziotto che elabora il lutto in maniera del tutto personale, incomprensibile agli occhi del resto della società o facilmente bollabile con qualcosa di errato: la donna trova la sua ancora di salvezza nel sesso, in rapporti che più sono liberi e spregiudicati meglio è. Questo atteggiamento non è l’unico a renderla pazza per gli altri, le sue tendenze paranoiche fanno il resto.
Ebbene, cosa succede quando un ossessivo-compulsivo, violento e bipolare incontra una paranoica maniaca del sesso?
Nonostante non tema gli spoiler dato che si tratta di due prodotti culturali non molto recenti, non ho intenzione di raccontarvi il resto della storia, non avrebbe alcun senso: piuttosto vi inviterei a rispolverare questo splendido film.
Qual è allora il fine di tutto ciò?
Non lo so neanche io con precisione perché l’idea di parlare di Pat e Tiffany è nata per caso, forse spinta da un bisogno inconscio di positività che si è aggrappato a un titolo per venire a galla.
Il fatto a cui non sempre si pensa, però, è che la positività può rivelarsi un concetto tanto insidioso quanto tossico se imposto a tutti i costi. Il fatto di invitare costantemente a vedere il bicchiere mezzo pieno, a guardare la vita attraverso delle lenti color rosa confetto può far sentire in trappola proprio come l’essere chiusi in casa per via di una pandemia mondiale: diamo a noi stessi la libertà di essere giù di morale qualche volta, di crogiolarci nei nostri dispiaceri, malesseri, problemi.
Dietro espressioni come “dopo la pioggia c’è sempre l’arcobaleno” c’è più di una frase fatta, c’è l’immagine di una vita composta di parentesi piacevoli e sgradevoli che s’intersecano tra loro e vivono in simbiosi. È vero che l’arcobaleno delizia il nostro sguardo solo dopo un temporale, così come il sole che riesce sempre a sovrastare le coltri di nubi e fare capolino rendendo argentei i loro orli.
Come Pat e Tiffany si svegliano ogni mattina cercando di far combaciare i pezzi del proprio puzzle così dovrebbe fare anche ciascuno di noi, prendendo il buono quando c’è ma anche il male, vivendo di sfumature e non di assolutismi, di flessibilità mentale che sempre si accompagna alla serenità, e se qualche volta non ci riusciamo pazienza, domani è un altro giorno come disse qualcuno. Anche le frasi fatte hanno la loro ragione d’esistere in fondo.