48 ingredienti per creare un’opera d’arte

Fare arte è un’arte. Ma è soprattutto un arto: la p’arte che più di qualunque altra, fra le sconfinate espressioni della soggettività e del rapporto uomo-mondo, caratterizza la nostra specie, l’estensione più autentica dell’agire umano.

Tuttavia, per quanto connaturata sia all’identità dell’individuo, l’arte è sostanzialmente escludente (ma non esclusiva). Chiama chiunque, ma non lascia entrare tutti. A prescindere dalle possibili modalità attraverso le quali può essere realizzata – scultura, cinema, scrittura, pittura, matematica, paleontologia, amministrazione condominiale, ecc. – un’opera d’arte è sempre e comunque un sempre e comunque: è un punto di non andata, uno specchio deformante, attraverso il quale affermare se stessi, la propria identità, sfumare l’oscurità e riconsegnare la realtà al mondo del significato.

Realizzare un’opera d’arte, pertanto, è l’arte dell’arte. Rappresenta qualcosa di (im)possibile, inevitabilmente, tanto da creare quanto da riconoscere, ed è ciò che la rende tale.

Provarci significa scoprire: togliere veli di reale, ma anche coprire: colmare abissi di esistenza. Produrre un’opera d’arte è un evento del tutto casuale creato e studiato nel dettaglio. Qualcosa di estremamente instabile, traumatico, fondante, necessario, improbabile: poesia.

E dunque è necessario:

1 – non sapere dove andare

2 – andarci

3 – un imprevisto

4 – almeno dieci sbagli

5 – una notte di pioggia (ma per camminare), un pomeriggio sulla schiena di un cervo immaginario (soltanto nel caso in cui il Caso sia in lui ma fuori di sé), il sole per colazione (grazie, ma non ho fame), una scogliera all’alba (per allevare intenti), un luogo sconosciuto (o almeno sogno con indecisione), il solito vecchio nuovo posto (ma sai che ho cambiato idea, ne prendo giusto due raggi)

6 – persemprizzare l’effimero e viceversa (da bere)

7 – essere indecisi (ma non ne sono sicuro)

8 – i minuscoli eterni di ogni giorno, quelli che compongono la clessidra del tempio che scorre tra gli altari dell’attimo che funge da ipotesi per tutti gli sforzi

9 – nutrire fantasmi, frammentare didascalie, operare a cuore chiuso tra le mani, intingere, legarsi un daino a una gamba, intimidire senza precauzione, sublimare l’oceano, fingersi, prestare sorrisi, collimare con divergenze espressamente evitabili, suicidare resurrezioni, sfogliare foglie, predisporsi all’indicibile, accudire un angelo affetto da isteria, intrecciare desinenze e destini, tendere, attendere, pretendere, specchiare per specchiarsi, frangere frazioni, postulare pesti, diffondere un morbo, allevare un diplodoco, rubare farfalle, introdurre conclusioni, ripetere come possibile, acuire ogni cosa al rango di metafora, inscenare, danzare sulle punte di un cancello, morirsi, r’esistere, v(i)olare, aprire abissi, sottendere, esplodere vite

10 – la combinazione di note, paesaggi, apostrofi e insurrezioni come se tutto fosse

11 – inventare parole

12 – cadere, ma solo per cambiare visuale, e guardare le cose di sempre con gli occhi di un insetto (il ché è necessario, accessorio, orizzonte, inutile e buongiorno)

13 – pensare che andrà tutto bene (o anche no)

14 – roflachima marento (vedi punto 11)

15 – finire ciò che si cominc

16 – coniugare l’inatteso mentre si dipinge il soprattutto con sfumature di inedito, ma a patto che niente e tutto abbiano procreato indistintamente; mi spiego peggio: si tratta dell’alveare dell’oppure i cui esagoni sono alla deriva, quindi bisogna svegliarsi resto (cioè aprire gli occhi dopo un intero) e andare a l’etto ardi (cioè cento grammi di fuoco in formato foto), solo allora è possibile il possibile, ovvero il passabile che tende al suscettibile al fine di farsi scegliere, ed è per questo che tutto ciò che è quanto deve essere custodito tra le tempie di un baratro immaginario

17 – un amore che ti mangia la pelle, che ti nuota nelle vene, che ti brucia nei polsi, che si agita negli occhi e che non si placa mai

18 – tremiladuecentodiciassette stelle di plastica

19 – [sognare] ma appena, altresì, in assenza di, nel momento preciso in cui il momento preciso si distrae

20 – una lunga serie di colazioni anonime o accuratamente spente sotto i rami di un ciliegio in forse

21 – confusione, nel senso di scrigno da incustodire con estrema attrazione, come quando si finge di fingere per ottenere realtà più vere: è il processo di negazione del presente, lo stesso di cui ci ha raccontato quell’eroe che non è mai esistito se non nelle pieghe di una mente affetta da fantasia

22 – due cucchiaini di zucchero

23 – un attimo in fin di vita o in procinto di volare

24 – ammalarsi: perseguire l’eccidio del prossimo: intavolare gambe per far cadere le trattative, qualunque esse siano: disorientare le bussole: studiare chiunque: abbracciare le linee: cielare il dito con un tocco: impensare: condensare desideri: l’ineffabile: ammalare

25 – consapevolezza

26 – intreccio, fame, strade, insetti, neve, pietre, fogli, scale, fuoco, assenza, millepiedi, astronavi, incomprensioni, distanze, lingua, acqua, estinguere, elefante, costruzione, distacco, mosaico, tumulti, mostruosità, bagliori, tenero, indecenza, sovversione, aspetto, frecce, partenze, esplosioni di adesso

27 – qualche tipo di morte

28 – guerra all’entropia dei sentimenti, alla corrosione del possibile, all’espansione del male sotto forma di “è sempre stato così” o “non è colpa mia” (e loro simili). Guerra all’incolore (ma a nessun buio), all’assenza di poesia (con inclusione di colpi), all’esitazione (oppure no), all’incirca, alla rinfusa, al petrolio sulle ali

Palazzi Blu

29 blu

30 – uccidere il pubblico, bruciare gli applausi, distruggere chiunque sia fine (a se stesso)

31 – dire fare baciare passeggiare estirpare

32 – un silenzio di rumori

33 – cercare di farsi Dio

34 – tutti gli alfabeti, in particolare quelli inventati o inesistenti

35 – inevitare

36 – un bel niente

37 – l’estinzione del sempre stato e del mai avuto, che è l’unica chiave per aprire tutte le aorte e far sgorgare flussi di desiderio. È necessario disturbare il sonno, nel frattempo, e masticare i pomeriggi. Probabilmente a questo punto sarete già morti, quindi va bene così

38 – tutte le traiettorie del possibile, del desiderio a forma di casa, di dolore in festa, di passato in allestimento, di presente da ingoiare, del plausibile nel vento, delle schegge di sapone, dei passi dei mostri da un miliardo di bocche, del divenire

39 – ribadire il punto 28, ma con ancora più poesia (ammesso che sia quantificabile)

40 – un grido. O meglio un infinito

41 – qualcosa

42 – un crescendo di ossessioni, possessioni, propensioni, visioni, aquiloni, associazioni di dee, idee, ninfee, orchidee… per circa sempre

43 – sprangare

44 – ingoiare tutti i sassi del mondo

45 – le balene d’agosto e la pioggia dentro e l’incolpevole vestale e le stelle cadenti e i desideri mai espressi e gli arcobaleni nelle pozzanghere e i conigli rosa e le nuvole da tappeto e i corvi dell’esistere e il sorriso nel tramonto

46 – indossare sguardi

47 – soprattutto altro

48 – infinire

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Scrivo, cerco, abito esistenze. Ho trovato nella sociologia una dimensione che posso chiamare casa. Mi affascinano la potenza degli atti creativi, le esplosioni di idee, la dialettica esistente tra il divenire sociale e i processi di costruzione identitaria, tutte le assenze, qualsiasi cosa sia altro. Allora mi lascio scrivere, cercare, abitare.