5 motivi per vedere Sense8

Ideata dalle sorelle Wachowski nel corso degli anni successivi a Matrix e portata sullo schermo nel 2015 grazie al colosso dell’intrattenimento Netflix, Sense8 è difficile da descrivere sia in poche parole che in libri interi, come spesso accade per le loro opere.

Ancora in collaborazione con il produttore e regista Michael Straczynski, Lana e Lilly hanno ideato una storia che racconta del senso di appartenenza, della speranza, della condivisione e dell’amore.

La serie è divenuta celermente popolare innanzitutto per il suo charme, in quanto prodotto delle celebri sorelle, ma andando avanti con le prime puntate è facilmente comprensibile come abbia potuto attrarre un così vasto pubblico: il tema della varietà sessuale viene affrontato immediatamente e a più riprese in maniera approfondita, spaziando per l’omofobia e la violenza nei confronti del “diverso”, sia essa fisica o psicologica.


  • I personaggi e la trama

Innanzitutto bisogna parlare degli otto protagonisti: l’autista keniota Chapheus (interpretato da Aml Ameen nella prima stagione, da Toby Onwumere dalla seconda), la DJ islandese Riley (Tuppence Middleton), il poliziotto statunitense Will (Brian J. Smith), la farmacista indiana Kala (Tina Desai), l’attore messicano Lito (Miguel Angel Silvestre), la donna d’affari e artista marziale coreana Sun (Doona Bae), lo scassinatore tedesco Wolfgang (Max Riemelt) e l’hacker di San Francisco Nomi (Jamie Clayton); nati nello stesso istante dell’8 Agosto, inizialmente inconsapevoli della reciproca esistenza, questi giovani uomini e donne si ritrovano un giorno a condividere pensieri, emozioni, scoprendo di essere più simili che diversi pur vivendo in contesti tanto lontani, nonchè di appartenere ad una specie più evoluta dell’homo sapiens, ovvero l’homo sensorium, creatura in grado di stabilire connessioni psichiche e telepatiche con i suoi simili, provocando sinestesie collettive quasi reali.

Scesi a patti con questa scoperta, in poche settimane imparano non solo a gestire le abilità che la loro condizione implica, ma anche a conoscere questa nuova fetta di realtà che comporta non pochi pericoli, in quanto la loro specie è ricercata e studiata dalla società BPO (Biological Preservation Organization), multinazionale governativa al cui vertice troviamo il temibile Whispers (Terrence Mann), che scova i sensorium come lui e li rende “il suo personale esercito di zombie”, a detta di Nomi.

Se si resiste ai primi due episodi introduttivi, Sense8 coinvolge lo spettatore al punto da renderlo parte della cerchia, come vedremo nei prossimi punti. In questo contesto troveremo una serie di storie che sembrano secondarie alla trama originale, ma in realtà possono considerarsi il cuore pulsante della serie!

  • L’amore in tutte le forme

Questa serie riprende numerosi argomenti che vengono trattati nelle sottotrame, come il generalmente taciuto gilanicismo della madre di Amanita, che con i tre possibili padri della ragazza richiama la società matriarcale di Heide Goetrner – Abendroth, il poliamore senza una reale etichetta del trio/famiglia Lito – Daniela – Hernando o la metafora che rappresenta il ponte di San Francisco, simbolo della fluidità sociale, dell’apertura mentale, ripresa anche da Gibson nel suo Neuromancer.

In rete si è diffusa una scena in particolare, appartenente alla terza puntata della prima stagione, in cui Nomi registra un video per il proprio blog in onore del Pride di San Francisco.

Per lungo tempo ho avuto paura di essere quella che sono perché i miei genitori mi avevano convinta che c’è qualcosa di sbagliato in una persona come me. Qualcosa di offensivo, qualcosa da evitare, forse anche da compatire, qualcosa che non si deve amare. Mia madre è una fan di San Tommaso D’Aquino. Lei considera l’orgoglio un brutto vizio e di tutti i vizi che può avere l’essere umano, per San Tommaso l’orgoglio era il re dei sette vizi capitali. Lo considerava il sommo vizio che in un batter d’ali poteva trasformare chiunque in un peccatore. Ma l’odio non è presente su quella lista, e nemmeno la vergogna. Avevo paura di questa parata perché desideravo davvero tanto poterne far parte. Così oggi marcerò per quella parte di me che aveva troppa paura per marciare e per quelli che non possono farlo, per le persone che vivono come ho vissuto io. Oggi marcerò per ricordare che non sono un io e basta, ma che sono anche un “noi”. E noi marciamo con orgoglio! Vai affanculo San Tommaso!

Sense8 punta alla comprensione e alla condivisione di questo dolore, della paura, della forza e del coraggio che ogni persona deve affrontare nel corso della propria vita, in particolare se non conforme alle aspettative e agli standard della comunità.

Altre relazioni con esterni che diverranno importanti ai fini della trama sono quelle tra Wolfgang e il suo complice Felix, inseparabile amico d’infanzia e formidabile collega di lavoro, la cui degenza in seguito ad una sparatoria mostrerà il lato più vulnerabile dello scassinatore, o tra Chapeus e sua madre malata di AIDS e bisognosa di cure, motivo per cui il ragazzo inizierà a lavorare per un signore del crimine e rischierà più volte la vita; non meno importante è il legame tra Lito, il suo compagno Hernando (Alfonzo Herrera) e l’esuberante amica Daniela (Eréndira Ibarra), che presto inizieranno a sentire come parte della loro piccola famiglia.

Tutte queste sono forme di amore differenti (famiglia, amici, compagni), ed è proprio su questo che fa leva Sense8: lo studio dell’amore in ogni suo aspetto e in ogni sua possibile conseguenza, anche tra persone apparentemente diverse fra loro. Culmine della serie è il finale dal titolo “Amor Vincit Omnia – L’amore vince tutto”, per l’appunto.

 

  • Le locations e il cast

Grazie ad una serie di immagini che ci accompagnano in giro per il mondo, partendo dalla sigla con musiche di  Tom Tykwer e Johnny Klimek e riprese di Ilsa Strix, moglie di Lana, ci si immerge in ognuno dei paesi (e dei momenti) che ne compongono i 2:04 minuti, dandoci da subito l’impressione di essere un “noi” grande quanto il mondo intero.
Tutte le scene vengono girate nelle città di appartenenza dei personaggi, con un gigantesco cast di 180 persone che si spostavano in giro per il mondo, in quanto i tre registi hanno ripreso un importante evento live per ogni città visitata: i fuochi d’artificio del 4 Luglio a Chicago, il Pride di San Francisco, il festival in onore di Ganesh a Mumbai, una serata nel famosolocale KOKO di Londra, un incontro di lotta libera a Città del Messico. Ogni scena veniva girata identica in ogni città in modo da ricreare il senso di connessione grazie a coreografie mirabolanti e montaggi a incastro che hanno richiesto non solo la pazienza degli attori, ma le abilità dell’intera troupe.


Bisogna notare come le Wachowski abbiano scelto il cast con particolare attenzione ad alcuni aspetti che gli attori hanno in comune con i loro personaggi: Sense8 ha smosso il pubblico con le storie di Nomi, transgender come la sua interprete Jaime Clayton, o Lito, che condivide le preferenze sessuali con Miguel, senza dimenticare la proclamata (da lui stesso in un discorso con Kala) libertà sessuale di Wolfgang, il cui interprete Max Riemelt si giostra spesso in ruoli omo o bisex.

 

  • L’unione con i fans

Il 1º giugno 2017, poco dopo la distribuzione della seconda stagione, la serie venne cancellata da Netflix a causa degli enormi costi di produzione (che hanno raggiunto una media di 9 milioni a episodio nell’ultima annata), facendo cadere Lana, che puntava alle cinque stagioni, in depressione; non meno sorpresi e delusi sono stati gli spettatori, soprattutto a causa del gigantesco cliffangher con cui è stata chiusa l’ultima puntata.

All’annuncio della cancellazione della serie, gli spettatori si sono sentiti parte della cerchia: feriti per la perdita dei personaggi e di una storia lasciata ancor prima della metà, si sono immediatamente attivati per una petizione su Change.org chiedendo il rinnovo. Non solo Netflix ha immediatamente risposto pubblicando le sue scuse sulla pagina ufficiale, ma anche l’attore Brian J. Smith, interprete del poliziotto Will Gorsky, ha lasciato un messaggio ai sostenitori della causa ricordando loro che, anche se i loro sforzi non hanno avuto successo, certamente non sono passati inosservati. Ben presto il movimento #RenewSense8 cominciò a prendere forma assieme ad altre forme di protesta in tutto il mondo: ad esempio in Italia v’è stato un breve periodo in cui gli utenti hanno tentato di boicottare la piattaforma stessa tramite la sua fan page, dove i post sono stati per diversi giorni presi d’assalto anche quando non risultavano attinenti all’argomento; molti fan minacciarono di cancellare l’abbonamento in caso di mancato ripristino. Nonostante ciò, la settimana seguente Netflix continuava a confermare la cancellazione, al punto che il co- creatore della serie, Michael Straczynski, decise di rendere pubblico il contenuto delle tre stagioni successive, in modo da accontentare almeno in parte la curiosità dei fans.

I cuori di migliaia di spettatori hanno gioito quando, il 29 giugno 2017, è stato annunciato un episodio speciale dalla durata di due ore, previsto per l’8 Giugno 2018, dimostrando che alla fine gli sforzi uniti di fan e troupe hanno avuto i loro frutti; forse per via della consapevolezza dei produttori di Netflix che una cancellazione per motivi economici avrebbe destabilizzato la piattaforma nel suo primato di oasi democratica delle serie tv, forse perché dall’inizio la cancellazione era nata come strategia di marketing atta a fornirle maggiore risonanza mediatica, fatto sta che i fan hanno avuto il loro finale, con tanto di dedica nell’ultima scena (una schermata nera con la scritta “For our fans”).

Le sorelle Wachowski con Sense8 hanno creato un mondo che si è fuso con il nostro nel momento in cui What’s Goin’ On è stata cantata per la prima volta in un Pride, rendendo migliaia di persone un sensate e, viceversa, facendoli entrare nel mondo immateriale della serie.

 

  • La caduta degli stereotipi

La serie si basa sul bilanciamento tra un abbondante uso degli stereotipi e la loro rottura.

Uno di questi è rappresentato da Nomi, la blogger transgender che hackera il Pentagono e nasconde la sua persona fisica rendendo pubblica la sua personalità: a differenza di tante autrici che si sono nascoste dietro pseudonimi maschili, Nomi si auto-afferma in quanto donna transgender, senza veli né finzioni, scrivendo un blog aperto, sboccato e colto in una San Francisco famosa per essere un punto di riferimento per la comunità LGBT+, ma proviene da una famiglia tanto facoltosa quanto omofoba, chiusa alla diversità, il cui unico legame è rappresentato dalla sorella Teagan. Quando viveva con la sua famiglia biologica, Nomi s’immergeva nel mondo informatizzato, dove poteva essere sé stessa liberandosi dal corpo cui non sentiva di appartenere, fin quando non ha potuto sottoporlo all’operazione per il cambio di sesso. Considerando che, come detto in precedenza, a volte la personalità online si sviluppa a tal punto che comincia ad avere vita fuori dalla rete, viene naturale chiedersi se Nomi non sia diventata il suo stesso avatar, il personaggio che si è creata online in gioventù, ovvero ciò che ha sempre voluto essere e finalmente, dopo l’operazione e con l’indipendenza economica, ha raggiunto tra sofferenze e difficoltà.

Altro stereotipo che viene a crollare è quello del Keniota nullatenente e con la madre malata a carico, ricattato da un criminale: nel corso della serie il timido Chapeus si evolverà emotivamente ed economicamente, candidandosi in politica e proteggendo non solo i propri interessi, ma anche quelli della sua gente, rifiutandosi di farsi paralizzare dalla paura del più forte, che si tratti di una gang di strada o della corruzione politica ed economica dello Stato.

Ciò che le Wachowski hanno provato a mostrare è che i cliché esistono e provengono da realtà in tutto il mondo, ma non tutto è come sembra e ogni spettatore può sperare di cambiare, evolversi, come i personaggi di questa serie.

Lo spettatore s’identifica con i personaggi stereotipati perché vuole sentirsi parte di qualcosa, ma come loro vuole evolversi ed uscire da schemi prestabiliti, magari prendendoli ad esempio.



Insomma, Sense8 non è stata solo una serie-meteora, ci ha fatti sentire parte di un tutto, ci ha permesso di apprezzare molto più della semplice trama, costringendo anche il più pigro dei binge watchers a soffermarsi su tanti singoli aspetti generalmente sottovalutati.
Vale davvero la pena “vederla” per entrare a far parte della cerchia!

Laura Sannini

Editor perennemente in guerra per la salvaguardia dei diritti (qualunque diritto), Laura è una fiera classicista e amante delle storie sotto qualunque forma. Tenta di farsi strada nel mondo, per nulla modestamente, esprimendo i suoi pensieri per iscritto senza peli sulla penna.