7 figlie d’inchiostro di Jane Austen
La scrittrice britannica Jane Austen, per gli affezionati zia Jane, non ha bisogno di presentazioni. Tutti, in linea di massima, conoscono almeno una delle storie che porta la sua firma, e qualche notizia sulla sua vita, come ad esempio il fatto che non si sposò mai e non ebbe figli.
Tuttavia, si può davvero affermare che i personaggi creati dalla fantasia di qualcuno non vengano paragonati, il più delle volte, a dei veri e propri figli?
Volendo seguire questo filone, Jane è stata mamma di numerosi figli e figlie ma, in questo breve resoconto, voglio parlare solo delle ragazze, protagoniste indiscusse dei suoi originali romanzi. Ecco le 7 figlie d’inchiostro di Jane Austen in ordine di nascita.
Elinor Dashwood
La primogenita di Jane Austen è una delle due protagoniste di “Ragione e sentimento”, la maggiore delle sorelle Dashwood. Elinor rappresenta la parte della razionalità, della calma, dello stoicismo: pare sopportare tutto con una flemma quasi innaturale, a tratti fastidiosa. Una tale freddezza è effettivamente inumana nella vita reale, ma non dimentichiamoci che Elinor era una fanciulla del primo Ottocento, e in quanto tale doveva essere tranquilla e controllata, fare di tutto pur di non disturbare e intervenire in faccende che non le competevano, a meno di non essere interpellata direttamente.
Marianne Dashwood
La secondogenita è l’altra protagonista di “Ragione e sentimento”, nonché esatto opposto di sua sorella Elinor. Marianne è l’emblema del sentimento, della sua espressione più totale che talvolta lo porta a essere esplosivo e drammatico. Marianne pare prendere tutto troppo sul serio anche se, forse, è proprio l’inverso: un’incapacità di mettere adeguatamente a fuoco ciò che accade nel mondo e a lei. La rumorosità emotiva di Marianne non risponde ai rigidi canoni imposti dalla società, ma a quelli della realtà probabilmente sì. Infatti, nonostante le sue reazioni spropositate e l’innamoramento facile, rappresenta una tipologia di donna in cui è molto più facile imbattersi.
Elizabeth Bennet
La terzogenita di Jane Austen è, molto spesso, la più nota del gruppo. Protagonista indiscussa del suo romanzo più famoso, “Orgoglio e pregiudizio”, Elizabeth (o Lizzy) porta lo stendardo del pregiudizio. Acuta, ma non abbastanza neutra, osservatrice, si distingue per il suo atteggiamento progressista ed equilibrato, tutt’altra cosa rispetto alle sorelle Dashwood che invece incarnavano due poli opposti quasi monocromatici. Le sfumature, invece, qui non mancano in quanto Lizzy è sì un’attenta osservatrice di caratteri e personalità, nonché portatrice sana del cinismo paterno, ma è anche dotata di una giusta dose di emotività e maturità che riescono ad arrotondare gli angoli delle sue idee e decisioni più nette. Una figlia che pare incarnare le vesti della donna ideale, agli occhi della madre.
Fanny Price
La quartogenita di Jane Austen, protagonista di “Mansfield Park”, è la sua figlia più insolita e meno amata. Estremamente diversa da tutte le sue sorelle, Fanny pare non riuscire mai a spiccare. L’unica caratteristica che la rende riconoscibile è la sua scialbezza. Nonostante la sua timidezza, modestia e insicurezza potrebbero farla sembrare una perfetta rappresentazione dell’esemplare di donna dimessa e rispettosa, nemmeno questo riesce a darle un certo spessore agli occhi del lettore, è sempre troppo poco rispetto a chi l’ha preceduta. Mamma Jane però non ha creato un guscio vuoto: Fanny è sì una moralista a tratti melodrammatica, ma è anche una lettrice, ama la poesia, la natura. Sa liberarsi della sua sottomissione quando è opportuno. Insomma, è uno di quei modelli di perfezione classica in un mondo che andava incontro al cambiamento.
Emma Woodhouse
La quintogenita Emma, protagonista del romanzo che porta il suo nome, è fatta di tutt’altra pasta: una fanciulla spumeggiante e piena di gioia di vivere che si atteggia a cupido con arco e frecce. Una figlia di buona famiglia, viziata dall’adorato e ipocondriaco padre che non ha altro che lei, che si diletta a intromettersi nella vita amorosa altrui programmando unioni improbabili a destra e a manca. Essendo ricca dalla nascita, diversamente dalle sue sorelle, è totalmente disinteressata a trovare un marito, almeno in apparenza. Proprio come Fanny, anche Emma può rischiare di attirare le antipatie del pubblico, ma l’ingenuità di base che la caratterizza fa pensare più a una bambina pasticciona che non a una giovane donna con cui arrabbiarsi sul serio.
Catherine Morland
La sestogenita è Catherine, protagonista de “L’abbazia di Northanger”, un romanzo parodia di genere gotico. Catherine è una giovane ragazza molto semplice in educazione e indole, con una grande passione per i romanzi gotici che tanto andavano di moda in quel periodo. Totalmente presa da questa sua passione e dall’inesperienza di base sulle convenzioni da seguire in società, Catherine si lascia annebbiare dalla sua fantasia improvvisandosi investigatrice di un delitto inesistente. Si potrebbe definirla l’antieroina per eccellenza, la rappresentazione più pertinente dell’ironia di sua madre.
Anne Elliot
Se, di solito, l’ultima nata è la più ribelle, così non è per Anne Elliot, settimogenita di Jane Austen e personaggio più maturo e mai piatto. Sotto certi aspetti Anne è una sottomessa, una figlia e sorella devota che si lascia persuadere fin troppo facilmente ̶ come il romanzo di cui è protagonista, “Persuasione”, annuncia ̶ a discapito della sua personale felicità. Nonostante i famigliari approfittino di questa sua indole, lei non riesce a ribellarsi, è troppo presa dal timore di sbagliare, di far soffrire le persone a lei più vicine, al numero non proprio esiguo dei suoi anni.
Essendo l’ironia una delle caratteristiche peculiari di Jane Austen, è abbastanza normale che i caratteri delle sue “figlie” siano apparsi piuttosto marcati. Anzi, volutamente marcati, quasi troppo agli occhi di qualcuno.
C’è però da dire che, come ogni personaggio degno di nota dovrebbe fare, affrontano tutte il loro personalissimo percorso di evoluzione, giungendo a mitigare quegli aspetti che inizialmente li avevano resi così esasperati.
Elinor imparerà a lasciare più spazio ai sentimenti, Marianne a saperli domare, Elizabeth a superare i fin troppo facili pregiudizi, Fanny ad alzare la testa e far sentire la propria voce, Emma a pensare un po’ più a sé stessa che agli altri, Catherine a mettere un freno alla sua sfrenata immaginazione, Anne ad ascoltare il suo cuore. Tutte troveranno la felicità che le spetta, con un matrimonio ovviamente, come si confà a delle signorine inglesi di inizio Ottocento.