Il prossimo 5 novembre si terranno le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America. La sfida vede su versanti opposti la Vicepresidente uscente Kamala Harris, ex Procuratrice e rappresentante dei democratici, e l’ex Presidente repubblicano Donald J. Trump. La vittoria di uno o l’altro dei due contendenti influenzerà non soltanto le relazioni internazionali e diplomatiche tra le Grandi Potenze ma, più in generale, l’intera economia globale e l’esito dei conflitti in atto tra la Russia e l’Ucraina ed in Medio Oriente.
Attentato a Trump, salvo per una frazione di secondi e pochi millimetri Gli States scoprono le falle del security service
Di Filippo Battiloro.
Il 13 luglio 2024 alle ore 18,11 locali a Butler in Pennsylvania l’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump è stato colpito di striscio da proiettili sparati da un ventenne, Thomas Matthew Crooks. Il tycoon è stato ferito all’orecchio destro e, per pochi millimetri, si è evitata una tragedia che avrebbe potuto cambiare il corso della storia. Questo evento avrà certamente dei risvolti nella politica interna degli USA, accentuati dalla campagna elettorale delle Presidenziali di novembre di quest’anno. Se da un lato, infatti, i repubblicani accusano il Presidente uscente Biden di non aver garantito l’efficienza del sistema di sicurezza durante i comizi elettorali e, in generale, in tutto il Paese, dall’altro i democratici hanno accusato il tycoon di essere uno dei principali artefici del clima di violenza che imperversa nel Paese.
Elezioni legislative in Francia. In seguito all’affermazione al I turno del partito di destra “Rassemblement National” in occasione delle elezioni di domenica 30 giugno 2024, i partiti della sinistra hanno adottato, insieme al partito centrista del Presidente Macron, una strategia di “desistenza” secondo cui in tutti i collegi uninominali nei quali è previsto il ballottaggio, i candidati arrivati terzi o quarti avrebbero ritirato la propria candidatura al fine di far confluire i voti dei propri elettori sui candidati di sinistra o macroniani per far fronte, in tal modo, all’alleanza tra gaullisti e lepeniani evitando che quest’ultima conquistasse la maggioranza parlamentare. Al momento in cui si scrive sembra che tale patto sia riuscito effettivamente ad arginare le destre, ma nessuna forza pare aver ottenuto la maggioranza all’Assemblée Nationale.
Campagna elettorale USA. All’indomani del dibattito televisivo ad Atlanta, Georgia, organizzato dalla CNN, in cui si sono confrontati i Presidenti uscenti Donald J. Trump e Joseph R. Biden, molti studiosi ed esperti hanno ritenuto che quest’ultimo non fosse più in grado di governare il Paese a causa dei problemi legati all’età avanzata e che fosse saggio sostituire la sua candidatura con figure più giovani. Il Partito democratico americano si trova, quindi, ad affrontare un dilemma di non facile soluzione, tenendo presente anche la caparbietà di Joe Biden nel volersi ricandidare a tutti i costi alla Casa Bianca. Al momento il Tycoon guida i sondaggi in tutti gli Stati chiave.
Elezioni nel Regno Unito. Svoltesi giovedì 04 luglio hanno visto l’affermazione netta del Partito Laburista guidato dal neoeletto Primo Ministro Sir Keir Starmer che ha conquistato la maggioranza dei seggi alla Camera dei Comuni. Tra i punti principali del programma politico vi è da un lato il potenziamento del welfare state e dei servizi pubblici, dall’altro il rafforzamento della sicurezza e del controllo delle frontiere, in particolare sulla Manica, al fine di contrastare maggiormente le traversate dei migranti dalla Francia all’Inghilterra ed è favorevole al riconoscimento dello Stato di Palestina, a differenza dell’esecutivo che lo ha preceduto, all’interno di un processo di pace con l’immediato cessate-il-fuoco a Gaza. Tuttavia, ha ribadito il sostegno all’Ucraina in linea con il precedente governo.
La guerra in Ucraina prosegue con l’avanzata del fronte russo. I Russi stanno sperimentando ed utilizzando sul suolo ucraino ordigni sempre più potenti come ad esempio la bomba aerea FAB-300 del peso di oltre 3 tonnellate sganciata su un edificio nel centro abitato di Liptsy. La recente conferenza di pace in Svizzera non ha ottenuto alcun risultato tangibile, soprattutto perché si è svolta in assenza della Russia. È difficile stimare il numero dei morti dei due fronti poiché entrambi i Governi hanno apposto il segreto di Stato sul dato reale preciso dei soldati caduti. Ognuna delle parti afferma di aver causato circa 500mila morti tra i soldati nemici, ma molto probabilmente le cifre sono gonfiate per motivi propagandistici.
Il conflitto nella striscia di Gaza prosegue. Non vi sono al momento prospettive di una tregua o di una pace duratura.
Proseguono le trattative a Bruxelles per la formazione della nuova Commissione Europea. Sembra profilarsi una nuova Presidenza Von der Leyen con l’appoggio esterno dei conservatori.
In Kenya si sono registrate forti proteste contro il governo Ruto dopo il ritiro della legge finanziaria.
In Bolivia è stato sventato un tentativo di colpo di stato da parte di frange di militari e funzionari.
Il 13 aprile 2024 la Repubblica islamica dell’Iran ha lanciato centinaia di droni e missili su Israele. La regione mediorientale si sta infiammando progressivamente e inesorabilmente. L’azione iraniana è da inquadrarsi in uno scenario storico complesso di breve, medio e lungo periodo che deve tener conto di fattori storici, politici, geografici e diplomatici fondamentali.
Il casus belli, secondo quanto affermato dalle autorità della repubblica sciita, è stato la distruzione della sede consolare iraniana in Siria il 1 aprile scorso ad opera dell’esercito israeliano. Le offensive e le controffensive nella regione mediorientale negli ultimi mesi si collocano sulla scia di guerra scatenata dall’attacco da parte delle milizie di Hamas il 7 ottobre 2023 dalla striscia di Gaza contro Israele. Tuttavia, le dinamiche che si stanno verificando in Medio Oriente non possono non essere poste nell’ottica di lungo periodo del conflitto isreaelo-palestinese.
Il 24 marzo 2024 il Santo Padre Francesco durante la celebrazione della Santa Messa della domenica delle Palme ha rinunciato a pronunciare l’omelia davanti a migliaia di fedeli radunati in piazza San Pietro.
Il film <<Napoleon>> (durata 2h,38) di Ridley Scott riscuote successo ai botteghini di tutto il mondo. Il regista si conferma essere tra i più bravi nel panorama cinematografico mondiale. Questo film è senz’altro un capolavoro degno di nota.
L’attacco di Hamas all’alba del 7 ottobre 2023 ai danni di Israele realizzato con lancio di razzi ed incursioni di terra e culminato con il rapimento di centinaia di ostaggi israeliani ha ravvivato la miccia della polveriera mediorientale che, in verità, non si era mai spenta, semmai continuava la sua combustione sottotraccia. In questo articolo specialistico vengono analizzate le cause storiche, geopolitiche ed economiche che hanno caratterizzato il conflitto arabo-israeliano e vengono evidenziate le relazioni delle due parti in causa, lo Stato d’Israele ed il popolo palestinese, con le Grandi Potenze mondiali. Nella prima parte dell’articolo si ripercorrono i principali eventi storici che hanno caratterizzato la regione palestinese mentre nella seconda parte si pone l’accento su quali possano essere gli scenari che, nel futuro prossimo, potrebbero realizzarsi, nella consapevolezza che il mondo non è più quello di 30 anni fa. L’unipolarismo a guida statunitense, infatti, ha lasciato ormai il passo al multipolarismo, caratterizzato non più da un’unica Potenza dominante bensì dalla coesistenza di grandi Potenze, alcune delle quali si sono affacciate sullo scenario geopolitico mondiale, segnatamente i Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) ed altre medie Potenze tra cui spiccano l’Iran, l’Argentina e l’Arabia Saudita. Tra le recenti novità nell’economia internazionale, ha destato maggior scalpore quella secondo cui i BRICS hanno l’intenzione di creare una valuta di scambio, reale o artificiale, che possa controbilanciare il dollaro nelle transazioni internazionali. La riaccensione delle tensioni nel mondo arabo si inserisce certamente in questa prospettiva di ribilanciamento degli equilibri mondiali.
A febbraio di quest’anno, girovagando per un mercatino dell’usato, mi sono imbattuto in una copia di un libro intitolato Il Grillo canta sempre al tramonto. L’ho estratto dallo scaffale, l’ho voltato, sul retro c’era l’adesivo col prezzo: solo 80 centesimi. Era un vero affare e i tre nomi in copertina – Dario Fo, Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo – mi erano tutti familiari, così ho deciso di comprarlo.
Qualche giorno dopo iniziai già a leggerlo, e devo essere sincero: fin dalle prime righe mi ha stupito e mi è piaciuto davvero molto.
Di recente ho scoperto che in alcuni paesi del Medioriente, alla fine del 2019 alle donne non era ancora permesso guidare. Io non ho preso la patente per scelta personale, ma da sempre vengo spinta verso questo passo, é proprio la possibilitá di decidere che non mi manca, ma non é lo stesso per tutti. O meglio, per tutte.
Il prossimo 3 novembre 2020 si terranno negli Stati Uniti le elezioni del Presidente, un evento che calàmita e polarizza ogni quattro anni l’attenzione dell’opinione pubblica statunitense e mondiale. Il sistema di elezione del Presidente Usa è unico nel suo genere. In base ad esso, ad ogni Stato della Repubblica federale è attribuito un numero di grandi elettori, rivisto periodicamente, stabilito su base demografica. Il meccanismo dei grandi elettori è radicato nella storia della Nazione. Un tempo, esso rispondeva innanzitutto all’esigenza che nell’elezione del Presidente si tenesse conto in egual misura degli stati demograficamente ed economicamente avanzati e di quelli ad economia prevalentemente agricola e tessile ossia le periferie rurali. Inoltre, il giorno delle elezioni non doveva ricadere di domenica, come avviene ad esempio in molti Paesi occidentali, poiché quel giorno è dedicato alle celebrazioni religiose. Non bisogna mai dimenticare, infatti. le radici cristiane di fondazione degli Stati Uniti dei Padri pellegrini e del mito della Città sulla collina (The City upon a hill) ossia una Nazione fondata su valori etici cristiani che dovesse fungere da esempio per tutte le altre. Tant’è vero che anche sul dollaro statunitense campeggia la scritta <In God we trust> (in Dio noi confidiamo). D’altronde, il mese di novembre è il mese di riposo del mondo agricolo e, pertanto, il periodo nel quale era possibile organizzarsi per recarsi a votare il Presidente. Un tempo i grandi elettori erano fisicamente identificabili, oggi si tratta un mero meccanismo di computo numerico. Tale sistema elettorale ha costituito una delle costanti che ha fatto la fortuna di questo Paese. Tra i pregi del maggioritario Usa vi è sicuramente quello di rendere stabile il sistema politico fondato sul bipartitismo. In vari momenti storici, infatti, alcuni outsider hanno cercato di scardinare, senza mai riuscirci, questo sistema bipartitico, al massimo riuscendo a penalizzare uno dei due candidati alla Casa bianca: si ricordano il caso Roosevelt del 1912 che favorì la vittoria di Woodrow Wilson, l’elezione di Nixon nel 1968 (candidatura dell’indipendente Wallace), e la candidatura di Perrot nel 1992 che favorì la vittoria di Bill Clinton. Il sistema bipartitico è prodromico alla stabilità. Senza di esso gli Stati Uniti non sarebbero stati la Grande Potenza che conosciamo. Tra i difetti che si attribuiscono a questo sistema vi è la possibile incongruenza tra il risultato del voto popolare e quello del collegio dei grandi elettori: tra i casi più famosi menzioniamo l’elezione di John Quincy Adams (1824), della prima amministrazione Bush (elezioni del 2000) e della prima amministrazione Trump (elezioni del 2016). Ciò accade perché se un candidato è particolarmente votato negli Stati in cui è già in vantaggio, tale vantaggio aggiuntivo non dà diritto a grandi elettori in più: il Partito democratico può vincere negli States della East Coast con un margine di 10 milioni o 20 milioni di voti, ma il numero dei grandi elettori per ogni Stato non cambia; lo stesso dicasi per i Repubblicani che possono attestarsi più o meno fortemente negli Stati centrali (che costituiscono la cosiddetta Red Belt, la “cintura rossa”) senza veder cambiare il risultato nel Collegio elettorale. In ogni singolo Stato, eccetto Nebraska e Maine che adottano il maggioritario per distretto, il Partito che si impone conquista tutti i grandi elettori di quello Stato (the winner takes all): se in Texas il Partito Repubblicano vince per anche per 1 solo voto in più, esso conquista tutti i 38 grandi elettori attribuiti a quello Stato. Ad esempio il repubblicano Ronald Reagan nel 1980 “stracciò” letteralmente il Presidente democratico uscente Jimmy Carter conquistando ben 489 grandi elettori e replicando ancor di più il risultato nel 1984 raggiungendo il numero ineguagliato di 525 grandi elettori su 538.
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