13 libri sulla condizione contemporanea della donna

 

Di recente ho scoperto che in alcuni paesi del Medioriente, alla fine del 2019 alle donne non era ancora permesso guidare. Io non ho preso la patente per scelta personale, ma da sempre vengo spinta verso questo passo, é proprio la possibilitá di decidere che non mi manca, ma non é lo stesso per tutti. O meglio, per tutte.

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2020 Elezioni USA. Florida, Ohio e Pennsylvania faranno la differenza

In rosso gli Stati che potrebbero votare per Donald Trump, in blu quelli che potrebbero votare per Joe Biden.

Il prossimo 3 novembre 2020 si terranno negli Stati Uniti le elezioni del Presidente, un evento che calàmita e polarizza ogni quattro anni l’attenzione dell’opinione pubblica statunitense e mondiale.
Il sistema di elezione del Presidente Usa è unico nel suo genere. In base ad esso, ad ogni Stato della Repubblica federale è attribuito un numero di grandi elettori, rivisto periodicamente, stabilito su base demografica. Il meccanismo dei grandi elettori è radicato nella storia della Nazione. Un tempo, esso rispondeva innanzitutto all’esigenza che nell’elezione del Presidente si tenesse conto in egual misura degli stati demograficamente ed economicamente avanzati e di quelli ad economia prevalentemente agricola e tessile ossia le periferie rurali. Inoltre, il giorno delle elezioni non doveva ricadere di domenica, come avviene ad esempio in molti Paesi occidentali, poiché quel giorno è dedicato alle celebrazioni religiose. Non bisogna mai dimenticare, infatti. le radici cristiane di fondazione degli Stati Uniti dei Padri pellegrini e del mito della Città sulla collina (The City upon a hill) ossia una Nazione fondata su valori etici cristiani che dovesse fungere da esempio per tutte le altre. Tant’è vero che anche sul dollaro statunitense campeggia la scritta <In God we trust> (in Dio noi confidiamo). D’altronde, il mese di novembre è il mese di riposo del mondo agricolo e, pertanto, il periodo nel quale era possibile organizzarsi per recarsi a votare il Presidente. Un tempo i grandi elettori erano fisicamente identificabili, oggi si tratta un mero meccanismo di computo numerico. Tale sistema elettorale ha costituito una delle costanti che ha fatto la fortuna di questo Paese. Tra i pregi del maggioritario Usa vi è sicuramente quello di rendere stabile il sistema politico fondato sul bipartitismo. In vari momenti storici, infatti, alcuni outsider hanno cercato di scardinare, senza mai riuscirci, questo sistema bipartitico, al massimo riuscendo a penalizzare uno dei due candidati alla Casa bianca: si ricordano il caso Roosevelt del 1912 che favorì la vittoria di Woodrow Wilson, l’elezione di Nixon nel 1968 (candidatura dell’indipendente Wallace), e la candidatura di Perrot nel 1992 che favorì la vittoria di Bill Clinton. Il sistema bipartitico è prodromico alla stabilità. Senza di esso gli Stati Uniti non sarebbero stati la Grande Potenza che conosciamo. Tra i difetti che si attribuiscono a questo sistema vi è la possibile incongruenza tra il risultato del voto popolare e quello del collegio dei grandi elettori: tra i casi più famosi menzioniamo l’elezione di John Quincy Adams (1824), della prima amministrazione Bush (elezioni del 2000) e della prima amministrazione Trump (elezioni del 2016). Ciò accade perché se un candidato è particolarmente votato negli Stati in cui è già in vantaggio, tale vantaggio aggiuntivo non dà diritto a grandi elettori in più: il Partito democratico può vincere negli States della East Coast con un margine di 10 milioni o 20 milioni di voti, ma il numero dei grandi elettori per ogni Stato non cambia; lo stesso dicasi per i Repubblicani che possono attestarsi più o meno fortemente negli Stati centrali (che costituiscono la cosiddetta Red Belt, la “cintura rossa”) senza veder cambiare il risultato nel Collegio elettorale. In ogni singolo Stato, eccetto Nebraska e Maine che adottano il maggioritario per distretto, il Partito che si impone conquista tutti i grandi elettori di quello Stato (the winner takes all): se in Texas il Partito Repubblicano vince per anche per 1 solo voto in più, esso conquista tutti i 38 grandi elettori attribuiti a quello Stato. Ad esempio il repubblicano Ronald Reagan nel 1980 “stracciò” letteralmente il Presidente democratico uscente Jimmy Carter conquistando ben 489 grandi elettori e replicando ancor di più il risultato nel 1984 raggiungendo il numero ineguagliato di 525 grandi elettori su 538. Continua a leggere 2020 Elezioni USA. Florida, Ohio e Pennsylvania faranno la differenza

1 recensione di Donald Trump vs Joe Biden (Epic Rap Battles of History)

Se c’è una cosa che amo, tra quelle che è possibile trovare su Youtube, quella è Epic Rap Battles of History, webserie nata grazie alla collaborazione degli youtuber Nice Peter ed EpicLLOYD, rimasta ferma per mesi a metà della sesta stagione a causa del Covid-19, che ha impedito le riprese di nuovi episodi.
Questa assenza è stata colmata la sera del 22 ottobre, quando è stato pubblicato in rete l’audio di una nuova battaglia rap: Donald Trump vs Joe Biden, il primo episodio dopo ben 10 mesi d’assenza.
Il video è stato invece ufficialmente pubblicato il 24 ottobre (clicca qui per vederlo). Continua a leggere 1 recensione di Donald Trump vs Joe Biden (Epic Rap Battles of History)

1 Recensione di Leggere Lolita a Teheran, di Azar Nafisi

Spesso diciamo di amare i libri perché ci permettono di evadere dalla nostra realtà quotidiana, di esplorare altri momenti o altri mondi; alcuni dicono di ritrovare in un libro parti di sé, o di ciò che vorrebbe essere.

In Leggere Lolita a Teheran tutto quello che per noi occidentali è un viaggio mentale, un modo per darci importanza e renderci più profondi agli occhi degli altri, per Azar e le sue studentesse è una triste realtà. Le otto donne riescono davvero a vedere sé stesse e la loro società in Lolita, hanno seriamente bisogno di quelle ore, ogni giovedì, per evadere dalla propria opprimente realtà. Magari anche perché è l’unico modo che hanno per conoscerne una diversa. Continua a leggere 1 Recensione di Leggere Lolita a Teheran, di Azar Nafisi

1 recensione de L’uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot

Lo scorso anno nelle sale cinematografiche statunitensi è approdato un film dal titolo bizzarro, un ibrido tra storico, azione e fantasy in grado di incuriosire senza saper spiegare bene perché, forse solo per vedere di cosa si tratta. La pellicola costituisce il secondo lavoro del regista Robert D. Krzykowski e ha come protagonista Calvin Barr, un discreto ed efficientissimo uomo dell’esercito a cui viene affidata la missione del secolo, uccidere Adolf Hitler e mettere fine alla Seconda Guerra Mondiale. Il Calvin del passato è interpretato da Aidan Turner, più che credibile in un ruolo che riveste con facilità, con la giusta dose tra fredda calma e calorosa emozione di un uomo d’altri tempi che ha interpretato anche in Poldark. Eppure il destino di Calvin non si esaurisce qui, c’è infatti la sua controparte impersonata da Sam Elliot, impeccabile nella sua pacata malinconia che sa andare oltre le parole, comunicare con uno sguardo che, seppur portatore di un diverso tipo di magnetismo, condivide con la sua versione giovanile. Se la missione del soldato era uccidere Hitler, quale sarà quella per cui l’FBI, una sera come tante altre, bussa alla porta del pensionato? Se vuoi scoprire altro ti consiglio di continuare la lettura di 1 recensione de L’uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot.

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1 opinione impopolare: il Live Action di Mulan non fa schifo.

Nel 1998 la Disney ci ha presentato Hua Mulan, eroina indiscussa dell’infanzia femminile: la prima guerriera femminista presentataci da questo colosso dell’animazione. Abbandona la famiglia, la casa, la serenità per travestirsi da uomo e combattere il nemico che minaccia il suo paese, impara l’arte della guerra vincendo la battaglia contro gli Unni e quella contro le restrizioni di genere imposte dalla società in cui vive. Continua a leggere 1 opinione impopolare: il Live Action di Mulan non fa schifo.

2020: riforma della Costituzione italiana. Un’opportunità per la nostra democrazia?

Il referendum costituzionale del 2020 propone di modificare gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione italiana.
Il testo prevede il taglio del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento, ossia la riduzione da 630 a 400 seggi alla Camera, da 315 a 200 seggi al Senato.
Al fine di comprendere lo spirito che anima la proposta di riforma è importante svolgere un’analisi comparativa tra i sistemi parlamentari delle principali democrazie occidentali nelle rispettive cornici istituzionali. Continua a leggere 2020: riforma della Costituzione italiana. Un’opportunità per la nostra democrazia?

1 chiacchierata con Valerio Novara, autore di Portami alla vita

Portami alla vita. Separazioni è il primo volume della trilogia fantascientifica di Valerio Novara, un progetto che non punta a essere l’ennesimo tassello nel mosaico del genere sci-fi autopubblicato, ma che spinge a riflettere sul trattamento riservato al pianeta Terra e al futuro che stiamo costruendo, o meglio distruggendo, per noi e i nostri figli. Una storia da leggere fino in fondo, senza lasciarsi scoraggiare da qualche piccolo incidente di percorso narrativo, perché solo fidandoci di Liam, Angela, Will, Michael, Yaomi e Roger potremo arrivare ad apprezzarlo davvero e a cogliere il significato profondo che l’autore vuole comunicarci. Facciamo anche 1 chiacchierata con Valerio Novara, autore di Portami alla vita, per scoprire con lui altri aspetti della vita da scrittore.

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1 Recensione de I testamenti, di Margaret Atwood, 2019

Dopo più di 30 anni e diversi adattamenti cinematografici e televisivi, Margaret Atwood ci riporta a Gilead, la bellicosa teocrazia totalitaria che ha soppiantato il governo statunitense nel suo romanzo distopico Il racconto dell’Ancella, pubblicato nel 1985. Continua a leggere 1 Recensione de I testamenti, di Margaret Atwood, 2019