10 notizie di attualità (30/01/2024)

1) Il rischio di escalation in Medio Oriente è sempre più realistico in seguito all’uccisione di 3 militari statunitensi in Giordania. Gli Usa minacciano ritorsioni di carattere militare.

2) Il conflitto israelo-palestinese prosegue. Alcuni Stati occidentali sospendono i finanziamenti all’Agenzia Onu di assistenza ai civili palestinesi. Il governo italiano appoggia apertamente la politica dei 2 Stati pur rinsaldando i legami politici con Israele.

3) Il Niger, il Mali e il Burkina Faso escono dall’unione economica CEDEAO in continuità con la politica estera antioccidentale intrapresa.

4) A breve saranno resi noti i dati del Pil del IV trimestre 2024 dell’Italia. Ci si aspetta uno stato di stazionarietà del Pil in un quadro di aumento occupazionale e, al contempo, della povertà. Nel frattempo sono state rigettate migliaia di domande di assegno di inclusione.

5) La campagna elettorale negli Stati Uniti ha preso inizio con le primarie repubblicane in Iowa e in New Hampshire che hanno visto la vittoria di Donald Trump. Secondo i maggiori istituti di sondaggi Usa (The Economist, Ipsos, Reuters, ecc.) il tycoon è in vantaggio nella maggior parte degli Stati chiave. Il consenso al Presidente Biden si starebbe affievolendo anche negli Stati della East e della West Coast, considerati tradizionali feudi democratici.

6) La Corte Internazionale di Giustizia ha accolto l’appello del Sudafrica in merito alle accuse di genocidio dei civili palestinesi, respingendo il ricorso di Israele.

7) La protesta degli agricoltori partita in Francia si è espansa in gran parte dei Paesi dell’Europa occidentale. I motivi principali della protesta concernono  i costi da affrontare in merito all’adeguamento degli impianti alle normative previste dalle politiche di transizione ecologica intraprese dall’UE e da alcuni esecutivi degli stati membri ed anche in merito alla concorrenza dei prodotti di importazione.

8) Il Ministero della Difesa italiano ha deliberato la costituzione di liste di diecimila riservisti cui attingere in caso di guerra tra coloro che hanno svolto servizio militare di leva o volontario.

9) Il Governo italiano ha dato il via al “Piano Mattei per l’Africa” domenica 28 gennaio 2024 alla conferenza tenutasi presso il Quirinale con i Ministri degli esteri e plenipoteziari della maggior parte dei Paesi africani. Il piano prevede  investimenti infrastrutturali e di altro tipo da erogare attraverso la partnership di “Paesi pilota”. Tra gli obiettivi principali vi è quello di porre un freno all’immigrazione a causa delle condizioni di povertà dei Paesi africani.

10) La diplomazia vaticana è al lavoro per evitare l’escalation in Medio Oriente e in altri scenari di conflitto. Il Santo Padre ha espresso cordoglio e vicinanza ai parenti delle vittime dell’attentato in Turchia ai danni di una Chiesa cattolica a Istanbul. Il Presidente Erdogan ha promesso che saranno effettuate indagini approfondite in merito.

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2023, Napoleon, il film dell’anno: recensione storica e sociologica del capolavoro di Ridley Scott

Il film <<Napoleon>> (durata 2h,38) di Ridley Scott riscuote successo ai botteghini di tutto il mondo. Il regista si conferma essere tra i più bravi nel panorama cinematografico mondiale. Questo film è senz’altro un capolavoro degno di nota.

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2023, anno di cambiamenti geopolitici in Medio Oriente

Di Filippo Battiloro, 10 novembre 2023.

L’attacco di Hamas all’alba del 7 ottobre 2023 ai danni di Israele realizzato con lancio di razzi ed incursioni di terra e culminato con il rapimento di centinaia di ostaggi israeliani ha ravvivato la miccia della polveriera mediorientale che, in verità, non si era mai spenta, semmai continuava la sua combustione sottotraccia. In questo articolo specialistico vengono analizzate le cause storiche, geopolitiche ed economiche che hanno caratterizzato il conflitto arabo-israeliano e vengono evidenziate le relazioni delle due parti in causa, lo Stato d’Israele ed il popolo palestinese, con le Grandi Potenze mondiali. Nella prima parte dell’articolo si ripercorrono i principali eventi storici che hanno caratterizzato la regione palestinese mentre nella seconda parte si pone l’accento su quali possano essere gli scenari che, nel futuro prossimo, potrebbero realizzarsi, nella consapevolezza che il mondo non è più quello di 30 anni fa. L’unipolarismo a guida statunitense, infatti, ha lasciato ormai il passo al multipolarismo, caratterizzato non più da un’unica Potenza dominante bensì dalla coesistenza di grandi Potenze, alcune delle quali si sono affacciate sullo scenario geopolitico mondiale, segnatamente i Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) ed altre medie Potenze tra cui spiccano l’Iran, l’Argentina e l’Arabia Saudita. Tra le recenti novità nell’economia internazionale, ha destato maggior scalpore quella secondo cui i BRICS hanno l’intenzione di creare una valuta di scambio, reale o artificiale, che possa controbilanciare il dollaro nelle transazioni internazionali. La riaccensione delle tensioni nel mondo arabo si inserisce certamente in questa prospettiva di ribilanciamento degli equilibri mondiali.

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2020 Elezioni USA. Florida, Ohio e Pennsylvania faranno la differenza

In rosso gli Stati che potrebbero votare per Donald Trump, in blu quelli che potrebbero votare per Joe Biden.

Il prossimo 3 novembre 2020 si terranno negli Stati Uniti le elezioni del Presidente, un evento che calàmita e polarizza ogni quattro anni l’attenzione dell’opinione pubblica statunitense e mondiale.
Il sistema di elezione del Presidente Usa è unico nel suo genere. In base ad esso, ad ogni Stato della Repubblica federale è attribuito un numero di grandi elettori, rivisto periodicamente, stabilito su base demografica. Il meccanismo dei grandi elettori è radicato nella storia della Nazione. Un tempo, esso rispondeva innanzitutto all’esigenza che nell’elezione del Presidente si tenesse conto in egual misura degli stati demograficamente ed economicamente avanzati e di quelli ad economia prevalentemente agricola e tessile ossia le periferie rurali. Inoltre, il giorno delle elezioni non doveva ricadere di domenica, come avviene ad esempio in molti Paesi occidentali, poiché quel giorno è dedicato alle celebrazioni religiose. Non bisogna mai dimenticare, infatti. le radici cristiane di fondazione degli Stati Uniti dei Padri pellegrini e del mito della Città sulla collina (The City upon a hill) ossia una Nazione fondata su valori etici cristiani che dovesse fungere da esempio per tutte le altre. Tant’è vero che anche sul dollaro statunitense campeggia la scritta <In God we trust> (in Dio noi confidiamo). D’altronde, il mese di novembre è il mese di riposo del mondo agricolo e, pertanto, il periodo nel quale era possibile organizzarsi per recarsi a votare il Presidente. Un tempo i grandi elettori erano fisicamente identificabili, oggi si tratta un mero meccanismo di computo numerico. Tale sistema elettorale ha costituito una delle costanti che ha fatto la fortuna di questo Paese. Tra i pregi del maggioritario Usa vi è sicuramente quello di rendere stabile il sistema politico fondato sul bipartitismo. In vari momenti storici, infatti, alcuni outsider hanno cercato di scardinare, senza mai riuscirci, questo sistema bipartitico, al massimo riuscendo a penalizzare uno dei due candidati alla Casa bianca: si ricordano il caso Roosevelt del 1912 che favorì la vittoria di Woodrow Wilson, l’elezione di Nixon nel 1968 (candidatura dell’indipendente Wallace), e la candidatura di Perrot nel 1992 che favorì la vittoria di Bill Clinton. Il sistema bipartitico è prodromico alla stabilità. Senza di esso gli Stati Uniti non sarebbero stati la Grande Potenza che conosciamo. Tra i difetti che si attribuiscono a questo sistema vi è la possibile incongruenza tra il risultato del voto popolare e quello del collegio dei grandi elettori: tra i casi più famosi menzioniamo l’elezione di John Quincy Adams (1824), della prima amministrazione Bush (elezioni del 2000) e della prima amministrazione Trump (elezioni del 2016). Ciò accade perché se un candidato è particolarmente votato negli Stati in cui è già in vantaggio, tale vantaggio aggiuntivo non dà diritto a grandi elettori in più: il Partito democratico può vincere negli States della East Coast con un margine di 10 milioni o 20 milioni di voti, ma il numero dei grandi elettori per ogni Stato non cambia; lo stesso dicasi per i Repubblicani che possono attestarsi più o meno fortemente negli Stati centrali (che costituiscono la cosiddetta Red Belt, la “cintura rossa”) senza veder cambiare il risultato nel Collegio elettorale. In ogni singolo Stato, eccetto Nebraska e Maine che adottano il maggioritario per distretto, il Partito che si impone conquista tutti i grandi elettori di quello Stato (the winner takes all): se in Texas il Partito Repubblicano vince per anche per 1 solo voto in più, esso conquista tutti i 38 grandi elettori attribuiti a quello Stato. Ad esempio il repubblicano Ronald Reagan nel 1980 “stracciò” letteralmente il Presidente democratico uscente Jimmy Carter conquistando ben 489 grandi elettori e replicando ancor di più il risultato nel 1984 raggiungendo il numero ineguagliato di 525 grandi elettori su 538.

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2020: riforma della Costituzione italiana. Un’opportunità per la nostra democrazia?

Il referendum costituzionale del 2020 propone di modificare gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione italiana.
Il testo prevede il taglio del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento, ossia la riduzione da 630 a 400 seggi alla Camera, da 315 a 200 seggi al Senato.
Al fine di comprendere lo spirito che anima la proposta di riforma è importante svolgere un’analisi comparativa tra i sistemi parlamentari delle principali democrazie occidentali nelle rispettive cornici istituzionali.

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1 riflessione sull’economia internazionale secondo Donald Trump: “fair globalization” o neomercantilismo?

L’accordo stipulato tra gli Stati Uniti e il Messico l’8 giugno ha l’obiettivo di rafforzare il controllo del confine tra i due Stati per contrastare l’immigrazione illegale.
Durante le trattative, il Presidente Trump ha dichiarato che, nel caso in cui il Messico avesse boicottato le trattative, gli USA avrebbero imposto l’aumento dei dazi sulle merci in entrata.
Tale accordo ha, quindi, sancito l’utilizzo della minaccia protezionista come importante strumento della diplomazia economica.
Studiosi ed esperti, dunque, si chiedono se la globalizzazione economica iniziata negli anni ’80 del secolo scorso sia al capolinea.

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